Hamza El Kaouakibi: “Con la Pistoiese sono diventato un giocatore vero”

Hamza El Kaouakibi, gioiello della Pistoiese, racconta in questa lunga intervista, i segreti della sua magica stagione.

“Adoro perfezionarmi e vivere tra casa e pallone”. Gioca nella Pistoiese da questa stagione, in prestito dal Bologna. Il suo nome è davvero uno scioglilingua: Hamza El Kaouakibi. Lui però è un ragazzo semplice, per quanto dal fisico statuario: 193 centimetri e struttura molto robusta, che però per tanto tempo è stata fragile. La sua famiglia è di origini marocchine, il padre è arrivato in Italia nel 1985, la madre nel 1991. Entrambi sono cittadini italiani da una quindicina di anni. Hamza è nato in Italia (come un fratello più grande), più precisamente a Bologna il 22 maggio 1998.
El Kaouakibi ha scelto di indossare la maglia della Nazionale del Marocco, in cui è stato schierato nelle formazioni giovanili.

Accento spiccatamente emiliano, il difensore della Pistoiese è un ragazzo aperto, capace, dote davvero rara, perfino di ironizzare anche con se stesso.

Si definisce maniacale nella cura dei dettagli: “sono consapevole di dover migliorare molto la mia tecnica
calcistica. Lavoro tantissimo per correggere i difetti. Sono molto attento ai dettagli e alle piccole sbavature. Riguardo tante volte le mie partite e analizzo le mie prestazioni; per farlo rubo perfino tempo da dedicare
alla mia ragazza”. Fa una pausa, sorride, poi aggiunge: “anche in questo devo migliorare!”.
Ha il rammarico di non aver ancora conseguito il diploma: “frequentavo il quinto anno, quello della maturità in amministrazione, finanza e marketing. Subii un intervento chirurgico, di ernia, andai in Nazionale, presi parte al Torneo di Viareggio. Risultato: sono stato bocciato per le troppe assenze. Quest’anno ho preso una pausa, dovendo affrontare la prima stagione da professionista, ma con la mia famiglia e la mia ragazza abbiamo pianificato che l’anno prossimo mi dedicherò alla maturità, pur sapendo di aver perso due anni. È un obiettivo molto importante da cui non voglio assolutamente sottrarmi”.

I tuoi riferimenti alla fidanzata sono frequenti. Si capisce che sta recitando un ruolo importante, al di là dell’aspetto sentimentale. Com’è la tua vita oltre il calcio?
“Con Michela (è il nome della sua compagna, bolognese) ci siamo conosciuti a scuola, quando lei aveva 15 anni ed io 17. La nostra storia è iniziata un po’ dopo. Stiamo insieme da due anni, ci completiamo. La devo ringraziare di essermi stata vicina nei momenti difficili, come in quelli belli. Come ringrazio la mia famiglia. È nei momenti duri che scopri chi ti è davvero vicino. Dopo le partite se sono nervoso, Michela riesce a farmi star bene. Le nostre rispettive famiglie si sono conosciute ed io sono stato accolto come fossi un figlio dalla sua. Ho venti anni, ma vivo come se ne avessi il doppio. Faccio i miei giri, ma amo stare in casa. Il sabato sera per me non esiste: lo trascorro in ritiro o lo passo in casa. Sono ben felice di fare questa vita e mi
auguro che possa essere così per tanti anni ancora. Nel tempo libero, ammetto, c’è spazio ogni tanto per la
playstation, del resto si tratta della passione di tutti i miei compagni, ma non disdegno anche qualche buona lettura, e adoro leggere i libri biografici dei calciatori”.
Si può dire che Hamza sia la grande rivelazione della Pistoiese 2018/19. Titolarissimo, 26 presenze e tre reti
in campionato, una presenza in Coppa Italia di Serie C, per una stagione fin qui da incorniciare, per la
disperazione dei vari cronisti di Eleven Sports, costretti a cimentarsi più volte con un cognome difficile da pronunciare. L’ultima perla l’ha confezionata in occasione della storica vittoria sul terreno del Siena, quando su azione da calcio d’angolo ha scaricato tutta la sua potenza per superare il portiere avversario con un gran colpo di testa. Era il suo terzo goal il campionato. Un altro, sempre con una pregevole incornata, lo aveva segnato a Chiavari, contro l’Albissola ed anche quello fu importante per costruire un
successo in trasferta. Bella anche la sua rete ad Arezzo, pur senza portare punti, con un perfetto inserimento in area su assist di tacco ad opera di Cellini. Eppure alla corte del patron Orazio Ferrari era arrivato nell’ultimo giorno di mercato estivo, il 31 agosto, in punta di piedi, mettendosi con grande umiltà a disposizione.
Chi ti ha portato, da piccolo, nel mondo del pallone?
“Mio padre, grande appassionato di calcio, mi fece cominciare a cinque anni. Era troppo presto, ma una squadra mi prese lo stesso. Da allora la passione è stata un crescendo. Da bambino ero il più alto di tutti e facevo valere le mie doti fisiche, poi la crescita si fermò e mi trovai ad essere il più basso della squadra. In ogni caso, a parte la statura fisica, ho trovato persone che mi hanno fatto crescere da ogni punto di vista, ovvero migliorare sia la tecnica che il comportamento. Lo sport mi ha portato a frequentare situazioni positive e di valorizzare gli insegnamenti della famiglia. Mi ritengo per questo una persona fortunata. Iniziai nel Funo, poi rimasi al Basca, da sette a 13 anni, quando passai al Bologna, dopo un provino andato bene. Dovrei ringraziare molte persone per il mio percorso nel calcio, ma se devo sceglierne una, cito: Massimiliano Bartolai, dirigente del Basca, che ha saputo guidarmi nei primi passi di quella che oggi è la mia professione. Mi avevano già cercato a dieci anni, sempre il Bologna, ma mi era stato impossibile accettare, a causa della scuola e degli impegni di lavoro dei miei genitori, che sono operai. Rinunciai anche grazie ai consigli di Bartolai. Abbiamo saputo resistere, senza farsi prendere dall’ansia del treno che passa solo una volta. Sabato Massimiliano è venuto a vedermi nella partita contro il Cuneo e mi ha fatto tanto piacere”.
Raccontaci il tuo percorso professionale. Sei sempre stato un difensore?
“Tutto il contrario. Quando sono stato scoperto dal Bologna ero un attaccante. Nel calcio a nove, eppoi in quello a undici, giovavo esterno alto, mezzala, trequartista e prima punta. Un giorno, quando militavo nella
Primavera del Bologna, si infortunò un terzino. Ero esterno alto e mi provarono in quel ruolo. Feci bene. Mi piacque tantissimo e iniziai a lavorare sulla fase difensiva e sulle diagonali. Mi sono così stato trasformato in
difensore, esterno e centrale. Devo dire che amo questo ruolo, specie come esterno basso, perché
presuppone una concentrazione totale per tutto l’arco della gara. E questo mi crea continue sfide con me stesso. Dopo aver svolto in modo adeguato la fase difensiva, ci si può anche distendere in avanti e sfruttare la progressione, eseguendo quello che proviamo in settimana”.
Esterni bassi di altezza superiore al metro e novanta se ne vedono pochi. Eppure tu sembri veramente tagliato per quel ruolo. Come te lo spieghi?
“È vero. Ci sono pochi giocatori così alti che giocano in questo ruolo. Devo ringraziare le persone che mi sono state vicine, che mi hanno aiutato nella scelta. In particolare ho un punto di riferimento: si tratta di Adam Masina (terzino del Watford, ex Bologna, pure lui di origini marocchine), anch’egli nato attaccante e diventato terzino. Mi ispiro a lui, che ha un fisico identico al mio. Mi ha anche dato tanti consigli, è un ragazzo d’oro. Devo migliorare nell’uno contro uno, ci lavoro ogni giorno ed ho fatto tanti passi avanti”.
Avendo ricoperto vari ruoli, hai dimostrato anche un certo eclettismo. Ti piacerebbe tornare alle origini, ovvero come centravanti?
“Non posso negare che mi piacerebbe. Però ho perso i movimenti per giocare in quel ruolo. Magari negli ultimi minuti di una partita, se servisse all’allenatore, ci giocherei volentieri”.
Nel tuo futuro vedi il sogno Bologna, oppure un proseguimento del rapporto con la Pistoiese?
“Voglio prima di tutto pensare al presente che si chiama Pistoiese. Mancano otto partita e dobbiamo essere
tutti concentrati su quelle. La squadra merita di togliersi delle soddisfazioni, dopo troppe delusioni. Due due vittorie di fila ci hanno regalato fiducia. Vogliamo concludere il campionato togliendoci delle soddisfazione e regalando qualche gioia ai tifosi. In estate poi penseremo al futuro. Il Bologna è un sogno, perché sono cresciuto con la maglia rossoblu e sono bolognese. Mi rendo conto però conto di quanta sia lontana la possibilità di giocare nel Bologna fin dalla prossima stagione, perché devo ancora migliorare tanto. Aggiungo in ogni caso di essere riconoscente in modo assoluto alla Pistoiese che mi ha aperto la strada in un campionato professionistico e consentito di cimentarmi in un Campionato importante. Qui ho trovato l’ambiente giusto, una società ed una piazza prestigiosa che mi ha messo nelle migliori condizioni di esprimermi al massimo. Devo ringraziare per questo gli allenatori, il preparatore atletico e il medico e tutto lo staff, che mi hanno gestito al meglio. Si pensi che questa è stata la mia prima stagione, dopo almeno tre tribolate a causa di problemi fisici, in cui ho potuto esprimermi con continuità. Ciò era accaduto a causa di una crescita spropositata, di quasi 23 centimetri in un anno e mezzo: ho dovuto fare i conti con una muscolatura che necessitava di particolari cure ed è stata durissima.
Cosa deciderò in Estate? Sono in scadenza di contratto, quello che decideranno il Bologna e la Pistoiese sarà da me accettato”.
Nella tua carriera ci sono altre persone, oltre quelle che hai citato, che ti hanno lasciato qualcosa?
“Intanto il mio procuratore Marco De Marchi, che mi segue da quattro anni, con il quale lavoro con grande piacere. Poi gli allenatori delle giovanili mi hanno dato tutti qualcosa. Infine vorrei citare gli allenatori avuti
quei alla Pistoiese. Con Indiani ho purtroppo lavorato per poco tempo. Mi è bastato però per capire le sue
qualità umane e la sua capacità di lavorare con i giovani. Con il tecnico di Certaldo ho debuttato nei
professionisti, nonostante ad inizio stagione fossi infortunato, ed ho iniziato la preparazione. Peccato che la sua permanenza sulla panchina arancione sia durata così poco. Mister Asta, bravissimo anche lui con i giovani, mi ha confermato la fiducia, anche quando purtroppo ho commesso errori che sono costati punti Alla squadra. I suoi consigli sono molto preziosi per me e mi sta aiutando tantissimo a crescere”.

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