Diario del ritiro, Marco Chiosa: “L’Arezzo è una piazza ambita. Siamo fortunati a esserci”

AREZZO – Marco Chiosa, leader silenzioso e punto di riferimento dello spogliatoio amaranto, ha parlato ai microfoni di Amaranto Channel durante i primi giorni di preparazione estiva. Tra sudore, ambizioni e nuovi volti, il difensore ha raccontato sensazioni, obiettivi personali e collettivi, senza dimenticare l’importanza dello studio e della crescita fuori dal campo.

Come sta andando la preparazione?

“Abbiamo già lavorato tanto. Nei primi giorni ci siamo concentrati su distanze lunghe: due giorni di 1000 metri, oggi invece abbiamo fatto otto ripetute da 800. La mia faccia parla da sola: si suda parecchio! Per fortuna il caldo ci sta dando una tregua. Siamo stati fortunati a iniziare il ritiro in un momento in cui le temperature si sono abbassate”.

Le aspettative per la nuova stagione sono alte?

“Sì, le aspettative sono nate già alla fine della scorsa stagione. Siamo consapevoli, sia noi “vecchi” che i nuovi arrivati, di avere l’obbligo di disputare un campionato importante. Non vogliamo sbilanciarci, ma stiamo lavorando per farci trovare pronti. Sarà una stagione lunga e impegnativa, e tutti abbiamo ben chiaro in testa l’obiettivo da raggiungere”.

E a livello personale?

“Il mio obiettivo personale coincide con quello della squadra. Se faccio bene io, ne trae vantaggio anche il gruppo. Voglio giocare il maggior numero possibile di partite e dare il mio contributo, dentro e fuori dal campo. Vista la mia esperienza e la presenza di tanti giovani in rosa, sento la responsabilità di essere un punto di riferimento”.

Sono arrivati nuovi giocatori: come si stanno ambientando?

“Molto bene. I nuovi si sono messi subito a disposizione con grande umiltà. Il nostro gruppo è sano, e questo facilita l’inserimento. In pochi giorni sembrano già parte della squadra. È fondamentale creare subito coesione, dentro e fuori dal campo, per poter puntare in alto. Ritrovarci, ricreare subito la mentalità giusta. Abbiamo finito presto la scorsa stagione, purtroppo, e ci sembrava giusto ripartire un po’ prima. Il clima ci ha aiutato, e abbiamo potuto iniziare con carichi importanti. Così, quando entreremo nel vivo del ritiro, potremo affrontare le amichevoli con più leggerezza e goderci il lavoro”.

Il presidente ha parlato di Storo come luogo “portafortuna”, citando il Napoli degli anni ‘80 e ‘90.

“Sì, lo ha detto anche il presidente. Speriamo sia di buon auspicio! Anche il Pisa qualche anno fa è stato a Storo, e poi ha fatto un grande campionato. Al di là della scaramanzia, però, conta il lavoro quotidiano. Dobbiamo metterci a disposizione del mister e assimilare il prima possibile le sue indicazioni”.

Qual’è stato il momento più bello vissuto ad Arezzo finora?

“A livello personale, i due gol segnati, soprattutto quello in casa davanti ai nostri tifosi. Non segno spesso, quindi sono stati momenti speciali. A livello di squadra, direi gli ultimi tre mesi della scorsa stagione: si era creata una convinzione forte, la sensazione di poter fare qualcosa di grande. L’eliminazione con la Vis Pesaro ci ha fatto male, ma fino a quel momento avevamo condiviso un sogno, e ci stavamo anche divertendo. E quando una squadra si diverte, lo si vede in campo”.

Sei scaramantico?

“Il giusto. Qualche piccolo rito c’è, ma nulla di esagerato. Meglio farli che non farli”.

Hai anche una laurea: com’è stato conciliare studio e calcio?

“Mi sono laureato in Scienze Politiche e Sociali qualche anno fa. È stato complicato, soprattutto perché ho iniziato quando l’università online non era ancora diffusa. Ho girato tanto per l’Italia, e per dare gli esami dovevo chiedere permessi e tornare su. Ma è stata una grande soddisfazione. Credo che oggi il calciatore ignorante non sia più lo standard: molti ragazzi studiano, anche perché il calcio, soprattutto in Serie C, non garantisce certezze economiche a lungo termine. Avere una formazione culturale è importante per il futuro”.

E nel tempo libero?

“Cerco di passare più tempo possibile con la mia famiglia, anche se non vive qui. Non ho hobby particolari, sono un ragazzo semplice. Ogni tanto gioco alla PlayStation, e ho iniziato a giocare a padel, ma con scarsi risultati…”.

Come si concilia la vita familiare con il calcio professionistico, soprattutto quando si è spesso lontani da casa?

“La mia è una situazione particolare, sia per me che per mia moglie, perché viviamo entrambi nel mondo del calcio. Questo ci aiuta a capirci meglio: sappiamo che ci sono momenti in cui non si può stare insieme per via degli impegni sportivi. Non avendo la famiglia qui con me, cerco di organizzarmi per passarci il maggior numero possibile di ore. Il fatto che anche loro conoscano bene le dinamiche di questo ambiente mi agevola molto: non devo spiegare ogni cosa, non devo giustificare certe situazioni. L’anno scorso, ad esempio, ci sono stati momenti delicati, e il ritiro non faceva piacere a nessuno. Ma non ho dovuto spiegare perché fossimo chiusi in hotel: sapevano già tutto”.

L’anno scorso hai indossato spesso la fascia da capitano. Pensi che quest’anno possa toccare ufficialmente a te?

“Potrebbe essere. Se dovesse succedere, sarebbe un grande onore raccogliere l’eredità di Andrea (Settembrini, nda). Indossare la fascia dell’Arezzo ha un significato importante, dentro e fuori dal campo. Essere capitano vuol dire rappresentare una squadra, una città, una tifoseria. È una responsabilità che va vissuta con equilibrio, ma che porta con sé anche un grande orgoglio”.

È arrivato Matteo Arena, un difensore giovane ma già strutturato fisicamente. Che impressione ti ha fatto?

“Con Matteo abbiamo già condiviso qualche allenamento. Ci conoscevamo di vista, come spesso accade nel nostro mondo: magari non si è stati compagni, ma ci si incrocia spesso.
Il suo arrivo ci fa molto piacere: è un giocatore importante, con esperienza nonostante la giovane età, e con un fisico imponente. Si è calato subito nella parte, si è integrato nel gruppo come se fosse qui da tempo. Questo è fondamentale: nel nostro spogliatoio prima si è uomini, poi calciatori. E credo che anche quest’anno, come lo scorso, questa sarà la base da cui partire”.

Il presidente, durante la presentazione di Varela, ha ribadito che si guarda prima all’uomo e poi al calciatore. Ti ritrovi in questa filosofia?

“Assolutamente sì. È una cosa molto bella. Negli ultimi mesi ho ricevuto tante chiamate da ex compagni che mi chiedevano com’è l’ambiente qui. Questo è il segnale di quanto l’Arezzo sia cresciuto. Va dato merito al presidente, al direttore e a tutta la società: in un momento economico difficile, riuscire a posizionarsi ai vertici della Serie C è un risultato enorme.
Noi dobbiamo essere consapevoli degli sforzi che vengono fatti e dare qualcosa in più per ripagarli. L’Arezzo oggi è una delle piazze più ambite della Lega Pro, e dobbiamo sentirci fortunati a farne parte”.