Poi quando c’è da sparare a zero…

Ieri alcuni tifosi hanno fatto irruzione negli studi di Controcampo pacificamente, protestando contro le misure restrittive nei loro confronti. Non hanno avuto diritto di parola e sono stati liquidati con un accenno. Poi, però, quando di tifo c’è da parlare in negativo, parlano e sparlano tutti…

EDITORIALE di Alessandro Veltroni

Non è bello fare irruzione in uno studio televisivo mentre è in corso una diretta. Ma d’altronde, quali altri mezzi hanno per farsi sentire? Ieri sera a Controcampo un gruppo di ultrà milanisti ha inscenato una invasione del tutto pacifica, chiedendo (a quello che ci hanno detto, visto che non è stato dato loro diritto di parola, ndr) restrizioni meno severe per i tifosi calcistici italiani. Ovviamente, l’invasione, oltre che essere oscurata, non è stata neanche l’assist per aprire una discussione.

In effetti, davanti al televisore di domenica sera, è stato MOLTO più interessante sentire Maurizio Mosca che dava dell’alcolizzato ad Adriano. Oppure le solite dichiarazioni di circostanza dei brillanti ospiti. Parlare degli stadi sempre più vuoti, delle assurde regola a cui sono sottoposti i tifosi, del caro biglietti in tempo di crisi, e, perchè no, di una domenica dove nessun incidente è successo, era troppo serio. La discussione è molto più interessante se si parla per oltre due ore e mezzo di tre squadre (Milan, Juventus, Inter), lasciando alle altre ed al calcio giocato poco più che le briciole.

Poi, però, quando succede qualcosa parlano tutti. Invocano pene esemplari, situazione insostenibile, i tifosi divengono i responsabili della rovina del calcio. Troppo facile parlarne in quei momenti. Però le problematiche a cui gli sportivi d’Italia sono sottoposti non interessano a nessuno. Interessa molto di più il ritardo di Adriano all’allenamento e Cambiasso che smentisce l’ebbrezza del compagno.

Ma d’altronde non c’è da stupirsi. L’informazione è il braccio armato di una filosofia politica che c’è dietro. Il mondo del calcio e dei media vuole la gente fuori dallo stadio. La vuole in poltrona a seguire le partite della Serie A in televisione. E non vuole neanche le colpe. Le scarica sui tifosi, delinquenti a piede libero che non perdono occasione per sfasciare tutto. Poi però non gli si dà nemmeno la parola. Neanche quando sono pacifici. Neanche quando denunciano civilmente qualcosa che non va.

E si vorrebbe far credere che siano loro i veri responsabili del vuoto negli stadi. Non la crisi economica scaturita non per coincidenze astrali sfortunate, ma per l’ingordo e scellerato appetito di chi gestisce poteri e capitali; non per la situazione oscena dei nostri stadi; non per il caro biglietti; non per le assurde restrizioni che vietano ai tifosi di portare anche gli striscioni negli stadi.

Noi siamo quelli che si distraggono durante le partite perché dalla curva sale un coro da brividi o le bandiere sventolano alte. Non possiamo fare nient’altro che lanciare questo grido d’allarme. Ma siamo pronti a giurare che non cambieremo le nostre idee. Sempre dalla parte dei tifosi.